Come sicuramente hai già capito, si tratta di un testo che riporta i risultati di sperimenti fatti per creare organi a partire da cellule della pelle.
Ogni ricerca è limitata dal modello di studio utilizzato. Sviluppare modelli migliori crea nuove possibilità. Questo articolo introduce un nuovo modello: un cervello umano embrionale cresciuto partendo da cellule della pelle.
Tutti gli appassionati di fantascienza hanno visto o letto di organi che crescono sospesi in strani liquidi colorati. Pochi sanno che ad oggi qualcosa di quegli scenari fa parte della realtà scientifica. La pelle è stato il primo organo coltivato fuori dal corpo o, in gergo tecnico, in vitro . Viene fatta crescere a partire da pochi pezzi di tessuto come ausilio nella terapia delle gravi ustioni ; questa tecnica affonda le sue radici in un passato sorprendentemente lontano, in India nel 2500 a.C., e fu riportata in vita nel XV secolo grazie allo scienziato italiano Brancas, che ricostruiva il naso ai malati di sifilide [1]. All’epoca si trattava di collegare la pelle di una zona del corpo con quella della zona mutilata permettendone la ricrescita. Senza saperlo, Brancas trasferiva cellule staminali (ossia cellule in grado di proliferare e dare origine a una varietà di tessuti specializzati) in un’area danneggiata in cui queste crescevano e ripopolavano il tessuto distrutto. Recentemente sono stati coltivati in vitro anche l’intestino, l’ipofisi (ghiandola alla base del cervello) e la retina. Di pochi mesi fa è l’annuncio di un cervello umano cresciuto in vitro [2].
La sola idea fa venire le vertigini, ma di cosa si tratta esattamente? Perché è stato fatto? Se questa notizia ha scosso la vostra curiosità spero che qui troviate alcune delle risposte che cercate. Non si tratta di un cervello pienamente formato in un barattolo, come in Frankestein Junior, ma di un organo in fase di sviluppo. Lo studio che ha portato a questo risultato, pubblicato sulla rivista Nature, si deve al gruppo del dottor Jürgen Knoblich, che lavora presso l’Institute of molecular Biotechnology of the Austrian Academy of Science (IMBA), Vienna, Austria.
Per ricreare il cervello in provetta, i ricercatori hanno prelevato da individui volontari cellule derivate dalla pelle e le hanno riprogrammate in cellule staminali totipotenti, ovvero in grado di originare potenzialmente tutti i tessuti dell’organismo. Queste cellule sono state coltivate in presenza di fattori che favoriscono la formazione di tessuto nervoso [3] e poi trasferite su di un supporto organico in grado di mimare le condizioni ideali per lo sviluppo di un embrione. I tessuti cosi ottenuti, definiti organoidi, hanno una organizzazione simile a quella del sistema nervoso centrale (SNC) e raggiungono una fase dello sviluppo massima comparabile a quella di un embrione alla seconda metà del primo trimestre di gestazione (5 millimetri di lunghezza). Tali organoidi possiedono diverse strutture del SNC, seppur non complete: la corteccia cerebrale, centro dell’elaborazione dei dati sensoriali, dei piani motori e del pensiero; i nuclei basali, centro di alcuni riflessi sensoriali; l’ippocampo, centro della memoria a breve termine; il talamo, filtro tra gli organi sensoriali e la corteccia (Figura 1).
Solo in alcuni casi è stata osservata anche la formazione del cervelletto, l’organo dedicato al controllo dell’esecuzione dei movimenti, e della retina. In breve, si tratta di una buona fetta della moltitudine di strutture che costituiscono l’SNC, con funzionalità e ordine che si riscontrano normalmente a questo stadio dello sviluppo embrionale del SNC [4].
Veniamo ora al punto più importante e complicato della notizia: quanto può essere utile questo organoide? Quali e quanti limiti ne condizionerebbero l’uso in sostituzione di altri metodi di ricerca ? Il primo fattore da considerare è che le cellule di partenza sono di origine umana, quindi le cellule, le proteine ed i geni di questi organoidi hanno la più alta somiglianza con le nostre in confronto a qualsiasi modello animale. Si tratta di un grosso vantaggio, soprattutto nel sistema nervoso. Basti pensare alla differenza di volume tra un cervello umano ed un cervello di topo, in particolare al rapporto di peso tra la corteccia cerebrale ed il resto del cervello, che nel topo equivale al 41% e nell”uomo al 77% [5]. I meccanismi che hanno luogo durante lo sviluppo di una corteccia umana prevedono eventi di espansione estremamente diversi da quelli di quasi tutti gli altri mammiferi. Durante lo sviluppo embrionale dell’uomo e di pochi altri primati avviene una fase di proliferazione aggiuntiva, durante la quale le cellule da cui si sviluppano i neuroni della corteccia si moltiplicano più volte e più a lungo che in altri animali, permettendo di amplificare in modo esponenziale il numero di cellule finale [6]. L’utilizzo degli organoidi fornirebbe quindi un modello molto più rappresentativo per lo studio di alcune malattie dello sviluppo come la microcefalia , che causa un arresto precoce nello svilluppo del cervello e che non si riesce a riprodurre in animali da laboratorio a causa delle suddette ed altre differenze tra specie [7-8]. Nel cervello la comunicazione tra le varie strutture è fondamentale, altrettanto quanto il numero di cellule, pertanto il processo di formazione di connessioni tra cellule che risiedono nella stessa struttura e/o in strutture molto distanti è decisivo. Questo processo avviene durante lo sviluppo grazie a meccanismi estremamente controllati e pianificati nel tempo. Studiare la tempistica ed i meccanismi che regolano la formazione delle connessioni nell”organoide aiuterebbe a capire come recuperare le piene funzionalità del cervello in seguito ad eventi quali traumi o ischemie , soprattutto per quelle strutture uniche nell’uomo e nei primati, come la corteccia prefrontale, la zona del cervello che più probabilmente ospita la memoria, e le altre aree associative della corteccia, nelle quali hanno sede i ragionamenti più complicati. Un’altro aspetto che valorizza l’utilità dell’organoide è lo studio delle strutture colonnari e delle aree funzionali della corteccia. Una differenza importante tra uomo o primati ed altri mammiferi è che la corteccia cerebrale ha una suddivisione delle sue aree funzionali molto più definita, con la presenza di colonne di cellule parallele ed ordinate. Secondo l’ipotesi più accreditata, queste colonne costituiscono l’unità fondamentale che processa le informazioni. (Figura 2).
Più colonne simili ed adiacenti costituiscono aree funzionali, cioè spazi della corteccia che si occupano di un compito specifico. Le colonne elaborano informazioni al loro interno e le inviano a colonne adiacenti che fanno parte della stessa area funzionale, o a colonne presenti in altre aree funzionali. Nell”uomo e nei primati queste colonne sono disposte in maniera molto più ordinata e compatta in confronto agli altri mammiferi, occupando meno spazio e permettendo la formazione di più aree funzionali [9-10]. L’estrema suddivisione delle funzioni, o delle aree dedicate a varie funzioni, insieme con la grande espansione della corteccia cerebrale è ciò che ha portato alla comparsa e alla specializzazione delle finissime funzionalità cerebrali delle quali siamo dotati oggi. L’organoide apre nuove possibilità nello studio di queste caratteristiche.
Non è tutto. Poiché l’organoide si sviluppa a partire da cellule in coltura è possibile modificarne i geni e osservare le conseguenze per comprendere il loro ruolo durante lo sviluppo. Fino ad ora i topi sono i soli mammiferi in cui sia stato possibile eseguire con facilità modificazioni genetiche. Avere un modello di studio complesso geneticamente modificato di origine umana aprirebbe una nuova era nella ricerca sul SNC. Fino a qui può sembrare tutto fantastico, ma possiamo veramente aspettarci che da oggi tutti i laboratori di ricerca di neurobiologia abbandonino l’utilizzo degli animali (mosche, pesci, polli, topi, ratti, primati…) come modelli di studio? È facile concludere che quel momento è ancora lontano e che il nuovo modello in vitro presenta dei grossi limiti. Innanzitutto, l’organoide non è un cervello maturo: non raggiunge la massa, l’organizzazione e la funzionalità di un cervello pienamente formato, cosa che accade fisiologicamente solo dopo la nascita. Persino nei topi, che hanno una durata media della vita di soli due anni, la piena maturazione del SNC avviene 21 giorni dopo la nascita. Inoltre, l’SNC si modifica con tutte le esperienze che facciamo, cambiando sia il numero di cellule che il numero ed il tipo di connessioni. La corteccia cerebrale è persino in grado di modificare, con l’esperienza, quali funzioni sono svolte in una determinata area. Pertanto, l’organoide non consente di studiare tutti quei processi fisiologici e patologici che hanno luogo dopo la maturazione del cervello. Infine, l’organoide non può essere utilizzato come modello per le malattie degenerative del cervello, come Alzheimer, Parkinson e Corea di Hugtington, e nemmeno per i malfunzionamenti dell’SNC come epilessie , amnesie e schizofrenie , che si riscontrano solamente con la piena maturazione del cervello. Quello che limita maggiormente la crescita dell’organoide è l’insufficiente approvvigionamento di ossigeno e nutrienti. Nelle prime fasi dello sviluppo l”organoide sfrutta la diffusione semplice per assorbire molecole e gas dal liquido di coltura in cui cresce, ma appena lo spessore e la densità dei tessuti aumentano questo sistema di approvvigionamento non è più sufficiente. Durante lo sviluppo fisiologico , il sistema circolatorio perfora attivamente i tessuti creando fonti di diffusione più profonde e capillari , mentre all’organoide coltivato in vitro manca naturalmente questo tipo di supporto. Studiare come il sistema circolatorio si sviluppa all’interno dell’SNC e riprodurre artificialmente questi eventi potrebbe migliorare le condizioni di sviluppo dell’organoide, permettendo di studiare eventi dello sviluppo più tardivi e complessi e attualmente poco conosciuti. In conclusione, Il lavoro del dottor Knoblich e del suo gruppo presenta un metodo innovativo per lo studio e la comprensione di una parte importantissima dell’organismo umano. Sperabilmente il cervello in provetta contribuirà, in un futuro non troppo lontano, a migliorare le condizioni di vita di chi rischia di perdere il beneficio di una delle proprietà che contraddistinguono l’essere umano: una mente eccezionale.
Elia Magrinelli è nato nel 1987 a Lissone, in Brianza. Dopo aver cominciato a fare sport, la sua innata curiosità si concentra sul funzionamento e i meccanismi del corpo umano. Ha ottenuto la laurea triennale di Biotecnologie nel 2009 e quella magistrale di Biologia-fisiopatologia nel 2012 presso l'Università degli Studi di Milano Bicocca, con una tesi svolta presso l'Università di Nizza - Sophia Antipolis. Attualmente è tornato in Francia per frequentare un dottorato in Neurobiologia presso l'Institute of Biology Valrose di Nizza, dove continua lo studio iniziato alla tesi magistrale, cercando di capire l'influenza dell'attività neuronale prenatale sullo sviluppo della corteccia cerebrale.